Criticati il governo Renzi e i governi delle due regioni
Grandi Manifestazioni dei metalmeccanici in Sardegna e in Sicilia
Gli edili manifestano a Roma e in 20 città, 8 ore di sciopero in Campania. Manifestazione nazionale a Roma dei lavoratori agricoli e degli operai delle industrie alimentari. Le lavoratrici ex-Igea occupano la miniera
Renzi attacca i lavoratori e loda i padroni:“siete i veri eroi dei tempi nostri”

Dopo il Nord e il Sud è toccato ai metalmeccanici delle isole scendere in piazza contro le politiche del governo del Berlusconi democristiano Renzi. Martedì 25 novembre a Cagliari hanno sfilato alcune migliaia di lavoratori, cassintegrati, personale in mobilità ed ex dipendenti, con loro anche tanti studenti cagliaritani e delegazioni provenienti da tutta la Sardegna. Apriva il corteo lo striscione: “Fiom Sardegna, Sciopero generale dei metalmeccanici, Lavoro legalità uguaglianza democrazia”.
Erano presenti in prima fila gli operai di Alcoa ed ex Ila di Portovesme, della Keller di Villacidro e di tante altre aziende, in particolare del Sulcis-Iglesiente dove il settore industriale è stato praticamente spazzato via. Ma la crisi ha colpito duro anche nell'Ogliastra, nel Sassarese e nella provincia di Cagliari. Lo Stato centrale ha praticamente abbandonato questa regione lasciandola alla deriva. La Sardegna è scesa repentinamente nelle graduatorie sociali ed economiche ed è tornata l'emigrazione verso il continente e l'estero.
Alla conclusione della manifestazione, in piazza Garibaldi, hanno parlato tanti lavoratori in rappresentanza delle molte vertenze aperte in Sardegna. Poi gli interventi del segretario regionale Fiom Mariano Carboni, della Cgil Sardegna Michele Carrus, e infine parola al segretario nazionale Fiom Landini. Oltre alla politica del governo Renzi non sono mancate le critiche anche alla regione autonoma sarda che non ha fatto niente per fermare la deindustrializzazione.
I vari governi locali, sia di destra che di “centro-sinistra” hanno puntato tutto sul turismo che, seppur voce importante nel bilancio regionale, crea generalmente lavoro precario. Comunque sia non può sostituire l'industria, che deve avere basi solide anche sull'isola, questo dovrebbe essere anche l'impegno del Governo anziché pensare a togliere i diritti, come ha rivendicato con forza Landini, il quale ha affermato: “ci rifiutiamo, come Sindacato, di accompagnare la chiusura delle fabbriche e la fine del sistema industriale. L’emblema delle lotte è nei 205 giorni dell’Alcoa, un presidio che coinvolge l’intero paese, e che questa nostra mobilitazione vuole rendere visibile, perché la visione dei problemi della Sardegna deve essere nazionale. E vuole difendere lo Statuto dei lavoratori la Fiom, che va esteso a tutti, perché il dimensionamento, la dequalificazione delle persone è mobbing.”
Lo sciopero del 25 s'inserisce a pieno titolo nella mobilitazione delle masse sarde contro il governo Renzi, il Jobs Act e la disoccupazione dilagante sull'isola. Ricordiamo la “Marcia per il lavoro” delle settimane scorse promossa dagli esuberi di Meridiana e da lavoratori di altre aziende sarde in crisi. Proprio mentre scriviamo una trentina di donne coraggiose, dipendenti dell'ex Igea, hanno occupato alcune miniere nella provincia di Carbonia-Iglesias, una delle quali fornisce anche l'acqua a un vasto territorio. L'Igea è una società della regione Sardegna incaricata della bonifica delle tante miniere dismesse che deve pagare mensilità arretrate ai suoi lavoratori. Le operaie “pronte all'occupazione ad oltranza”, chiedono alla Regione unica azionaria dell'azienda, il pagamento degli arretrati (in 12 mesi hanno percepito solo 5 mensilità) e risposte sul futuro della società che dovrebbe fare le bonifiche in Sardegna. Da notare come, il governatore della Sardegna, Franesco Pigliaru, PD, non abbia praticamente mosso un dito per risolvere la vertenza che si è trascinata fino a richiedere l'occupazione della miniera. Lo stesso dicasi del governo Renzi. Le operaie sono sostenute da una gara di solidarietà della popolazione locale.
E' un fatto senza precedenti in Sardegna, ma anche in tutta Italia l'occupazione di una miniera da parte delle operaie e dimostra come le masse femminil meridionali siano allo stremo e disposte a forme di lotta sempre più dure per difendere il diritto al lavoro. Il Partito marxista-leninista italiano esprime solidarietà di classe a queste operaie in lotta ed auspica che la loro vertenza possa risolversi velocemente e in modo soddisfacente.
Il 27 novembre, sciopero dei metalmeccanici in Sicilia e manifestazione a Palermo. Altra regione del nostro Mezzogiorno che vive una grave situazione socio-economica senza precedenti. Negli ultimi anni di crisi si sono persi 200 mila posti di lavoro e anche qui l'emigrazione, che non si è mai fermata del tutto, è tornata ad essere la principale valvola di sfogo occupazionale.
I primi a scendere in piazza sono stati i lavoratori del Cantiere Navale che dalle 8 si sono mossi in corteo dai cancelli dello stabilimento Fincantieri. C'erano gli operai della Fiat e quelli dell’Ansaldo Breda, in cassa integrazione fino a fine anno; e ancora: i metalmeccanici del petrolchimico di Gela, gli operai della St Microelectronics di Catania, gli operatori dei call center Accenture in mobilità, anche qui c'erano gli studenti e i pensionati, tanto che la manifestazione Fiom ha fatto da catalizzatore per tutti coloro che rivendicano il lavoro e si oppongono al governo Renzi.
“Togliere i diritti, significa solo lavoratori più precari non più occupazione” dice il segretario regionale della Cgil, Michele Pagliaro, nel comizio conclusivo. Per Maurizio Landini "le politiche del governo sono sbagliate, perché non c'è alcuna idea di rilancio e di sviluppo. Senza la ripresa degli investimenti pubblici e privati non si riuscirà a creare lavoro. Il governo cambi linea". Oltre alle mobilitazioni la Fiom è pronta a iniziare anche una battaglia giuridica contro il Jobs Act e non esclude un ricorso davanti alla Corte di giustizia dell'Ue. "Metteremo in campo qualsiasi iniziativa giuridica nei confronti dell'Europa, perché quelle regole - ha detto Landini - sono contro la Carta dei diritti europei.....non ci fermiamo davanti a un provvedimento sbagliato voluto dal governo e votato dal Parlamento".
Tante le critiche verso la politica antioperaia di Renzi sentite dal palco sia dai lavoratori che dai rappresentanti sindacali intervenuti. Politica nazionale che va ad aggravare gli effetti della crisi economica capitalistica globale, che fanno della Sicilia una delle più povere regioni europee. Renzi si dipinge come paladino della legalità e della lotta alla criminalità organizzata ma accrescere la povertà e la miseria come fa il suo governo, “ significa creare terreno fertile per la mafia” ha denunciato il segretario della Fiom di Palermo Roberto Mastrosimone.
Anche in Sicilia non sono mancate le critiche alla giunta regionale presieduta dal PD Rosario Crocetta. La “rivoluzione” crocettiana si è rivelata un fallimento sostanziale conseguente al disastro economico e sociale perpetrato ai danni delle masse popolari siciliane. Una giunta abbarbicata alla poltrona intenta alla spartizione del potere che, al di là delle vuote parole, non ha minimamente affrontato l'emergenza del lavoro che non c'è, anzi si è ulteriormente aggravata. Mastrosimone non ha risparmiato frecciate al governatore siciliano: "piuttosto che di rimpasti e rimpastini, si occupi delle questioni del lavoro e dello sviluppo,- ha aggiunto - non c'è più tempo da perdere”.
Venerdi 28 novembre c'è stato lo sciopero nazionale degli edili, con astensione dal lavoro di 4 ore in tutta Italia. Una categoria colpita pesantemente dalla crisi del comparto edilizio che ha visto la perdita di migliaia di posti. Ma i lavoratori non sono disposti ad accettare i ricatti di Ance e Coop, associazioni padronali che pretendono il rinnovo del contratto senza un centesimo di aumento e con la distruzione del Contratto Nazionale di Lavoro. Con forza si oppongono anche al peggioramento delle condizioni di lavoro in un settore dove dilaga l'illegalità.
Le maggiori manifestazioni si sono avute a Roma, Milano, in Piemonte, in Puglia, a Palermo e a Napoli. In Campania lo sciopero è stato di 8 ore per sottolineare la grave crisi che attraversa l'edilizia in questa regione, con decine di morti nei cantieri spesso controllati dalla camorra. Purtroppo dobbiamo registrare anche diversi “scioperi al rovescio” come a Imola e Rimini. Idea lanciata da Landini dove i lavoratori e i disoccupati dalle manifestazioni sono stati dirottati a restaurare gratuitamente edifici pubblici.
Decine di migliaia i lavoratori del settore agroalimentare, tra braccianti, operai agricoli, delle industrie alimentari e forestali, hanno manifestato sabato 29 in piazza a Roma contro le misure del Jobs act e l'illegalità e lo sfruttamento del lavoro in agricoltura. Tra le richieste: interventi per il settore della forestazione ed azioni concrete da parte del Governo e del parlamento per una riforma del mercato del lavoro agricolo che sia trasparente e legale, in grado di contrastare efficacemente i fenomeni di intermediazione illecita e lavoro nero. Nel corteo anche i segretari di Cgil e Uil, Camusso e Barbagallo.
L'1 dicembre hanno scioperato i lavoratori pubblici della CISL per il rinnovo del contratto di lavoro fermo da sei anni. L'adesione in media nelle diverse regioni ha oscillato tra il 15 e il 20%, con partecipati presidi e manifestazioni in diversi capoluoghi di provincia in tutta Italia.
Di fronte alla crescente mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari e con l'avvicinarsi dello sciopero generale del 12 dicembre, Renzi è sempre più nervoso e risponde con la sua solita arroganza. Attacca in continuazione i sindacati e i lavoratori, dipinti come fannulloni che scioperano, che vogliono difendere i “privilegi” (cioè un lavoro dignitoso e con diritti) mentre dall'altra parte, quella dei “buoni”, ci sono lui e i padroni. Di fronte all'assemblea nazionale della CNA (Confederazione Nazionale degli Artigiani) ha dichiarato: “gli imprenditori sono i veri eroi del nostro tempo”. La Camusso gli ha risposto : “I veri eroi sono i lavoratori e non gli imprenditori”. Giustamente, è il minimo che poteva dire.
Lo sapevamo benissimo che Renzi stava dalla parte dei padroni e il PMLI lo ha denunciato fin dal suo insediamento, ma anche i lavoratori se ne sono accorti. La classe operaia, i lavoratori, a cominciare dai precari, i disoccupati, i pensionati, i giovani, le masse popolari e femminili non devono aspettarsi niente di buono da questo presidente del Consiglio e devono continuare a combatterlo con tutte le loro forze, finché questo neofascista in camicia bianca e il suo governo non saranno spazzati via.

3 dicembre 2014